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“Arte Moda & Upcycling” di Sarah Limone, quando la moda incontra la sostenibilità e l’inclusività

Unicità, creatività, sostenibilità. Sono tre parole che descrivono in pieno Sarah Limone, una giovane designer di Avellino di 26 anni. Con una passione per la moda fin da bambina e portata avanti con studi all’Accademia a Napoli, la Limone attualmente è impegnata fino a venerdì 26 gennaio 2024 al Circolo della Stampa di Avellino con la sua mostra “Arte Moda & Upcycling”, che vede la collaborazione del MID, il Movimento Italiano Disabili. In esposizione ci sono modelli unici che nascono da diversi procedimenti creativi applicati a capi di abbigliamento riciclati, che mirano ad abbattere lo spreco nel mondo della moda, in un insieme di unicità, creatività e sostenibilità.
Fino a venerdì ci sarà la mostra “Arte Moda & Upcycling” al Circolo della Stampa di Avellino. 

Da dove parte tutto?
Ho la passione della moda già da quando ero bambina ma l’ho scoperta dopo. Volevo intraprendere un altro tipo di percorso, mi piaceva la psicologia. Poi mi sono resa conto, dopo una serie di eventi, che la mia strada era un’altra, che sono sempre stata legata sia al mondo della moda che al mondo dell’arte. La passione per la moda sostenibile nasce durante il covid, mi sono ritrovata chiusa in casa e stavo aspettando tutti i requisiti per seguire in Dad perché ero al mio terzo anno di Accademia di Napoli. Avevo dei jeans che erano di mio fratello e che lui, vivendo fuori, non usava più. Li guardavo, mi sono detta che potevo farci qualcosa. Tra un’ispirazione e l’altra da questi jeans sono fuoriusciti delle maglie e da lì mi sono detta “perché non dare vita a dei capi usando tutta la mia creatività?”. Inoltre in quel periodo ero anche sotto tesi, come mio progetto di tesi ho portato la manipolazione dei tessuti e ho trasformato una macchinina telecomandata in una macchinina per dipingere sui tessuti, già stavo studiando come stravolgere un oggetto e renderlo un oggetto creativo. Poi andando avanti mi sono sempre più appassionata a questo progetto perché comunque mettevo tutta la mia creatività e anche me stessa. Quindi questo riutilizzare i materiali in modo che niente viene sprecato e poi aprire nuovi orizzonti sul vedere il modo di vestire e anche avere un abito che non hanno tutti ma che c’è l’ho solo io.
Quindi un capo unico, sostenibile, creativo. Possiamo dire che questi sono tre aggettivi che contraddistinguono il tuo lavoro?
Si, assolutamente, mi baso su unicità, sostenibilità e creatività. Sono questi gli elementi fondamentali che vanno a rendere l’abito unico e particolare.
Finora quanto riscontro hai avuto?
Per essere una giovane di 26 anni che sta cercando di costruire un qualcosa da sola, mi ritengo fortunata che ho dei riscontri, soprattutto tra i miei coetanei. Ma anche persone più grandi, li vedo molto sbalorditi sul fatto che dico che non avrei mai pensato di trasformare un jeans in una maglia.
Anche in una borsa?
Certo, si può fare tutto, si può trasformare in una borsa, in una maglia. Ad esempio da un maglione possiamo ricavare anche dei cappelli o in tante altre cose oppure combinare un maglione a una giacca di jeans. È bello unire le cose insieme e quindi nasce una fusione, ad esempio un jeans unito a una felpa può diventare qualcosa di spettacolare.
Quali sono le tecniche che usi e qual è la tua preferita?
Tra le tecniche c’è l’eco printing, che sarebbe una stampa botanica sul tessuto, dove uso fiori e piante tintorie. I tessuti e gli elementi che uso sono tutti naturali, altrimenti (il risultato, ndr) non sarebbe sostenibile. Dopo un processo di ebollizione del fiore, della pianta o del frutto rimane la sua impronta sul capo. Questa è una tecnica molto particolare e anche molto artistica, il capo in questo caso non solo diventa un indossabile ma sembra quasi che indossi un’opera d’arte. Poi uso delle tecniche di pittura, sono un’appassionata d’arte e a me piace molto l’arte astratta. In molti miei abiti, quelli pitturati, mi ispiro molto a Pollock, ci sono questi abiti con schizzi di colore, poi per spanderlo faccio un po’ come Pollock, giro intorno all’abito e lancio il colore con diversi aggeggi che possono essere pennelli, forchette, spazzolini, oppure prendo la pittura, la metto in un vasetto e la lancio in modo che poi il colore va in modo casuale sull’abito e poi anche in questo caso l’abito diventa un’opera d’arte. C’è anche l’upcycling, che è il clou del progetto, una tecnica creativa dove vado a mettere insieme diversi abiti per dare loro una nuova vita e lo metto insieme a queste mie tecniche. Trovi l’abito semplice ma trovi anche l’abito più creativo, dove tutti possono rispecchiarsi, sceglierlo, anche in base a come si sentono, ai propri gusti. Spesso tendo a personalizzarli, cerco anche di creare un abito adatto e personalizzato per la persona, tutto ciò sempre per evitare gli sprechi e andare contro a quelle che sono le aziende del fast fashion.
In questa tua esposizione al Circolo della stampa c’è anche la collaborazione il MID, il Movimento Italiano Disabili. Quanto è importante questa collaborazione con loro?
È molto importante. Ognuno devo rispecchiarsi e deve sentirsi a proprio agio in un abito che sceglie ed è anche bello questo fattore di inclusività. Ho legato molto con Giovanni Esposito, che fa parte dell’organizzazione e che è rimasto molto appassionato dal progetto e dalla sua creatività, da questa passione che voglio portare avanti e per il concetto di inclusività. Ovviamente anche lui come me crede in quello che faccio e spera che riesca a portare avanti tutte le cose in cui credo.
Qual è il capo a cui tu sei più emozionata tra tutti quelli che hai realizzato finora?
Gli abiti che sono esposti mi piacciono tutti, ma c’è uno in particolare, che si trova all’ingresso della mostra: una giacca grigia con un abito rosso e a fianco a quest’abito c’è una tela. Quell’abito è uno dei miei preferiti perché in quell’abito ci sono io, c’è la mia storia, il mio passato, la mia crescita e c’è una parte di me che sa dire “questa sono io e c’è tanto altro”. Infatti l’opera in sé si chiama “Non deve essere bello ma deve far provare qualcosa”. Inoltre, creando abiti avanzano molte stoffe e molte vengono buttate e questo è sempre uno spreco. Io, invece, le unisco insieme e da lì posso creare degli accessori per capelli, borse, pochettine e altri. La creatività è sempre in evoluzione e io non butto mai niente. Ad esempio, alla mostra ci sono due maglie che erano rovinate e per non sprecarle le ho aggiustate e ho cucite sul dorso di queste maglie delle patch di alcuni jeans e stoffe avanzate.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Ci saranno prossime mostre?
Si, sto studiando adesso una collezione primavera-estate, una capsule. Sto cercando di organizzare un’altra mostra, anche un po’ più grande dove mettere più capi. Se riesco sarà al Carcere Borbonico, penso nel periodo fine primavera-inizio estate.