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ICC: l'Umanitá contro i crimini. Problematiche dell'investigazione sulla partecipazione diretta o indiretta alle ostilità

Secondo fonte stampa della Corte Penale Internazionale, nell'incontro tenutosi presso le Nazioni Unite, il Procuratore capo Fatou Bensouda, proprio di fronte al Consiglio di Sicurezza ha dichiarato: "Il mio ufficio è pronto ad investigare e, se necessario, a perseguire tutte le persone che prendono parte, all'interno del conflitto in Libia, e che il loro comportamento costituisca un crimine sotto la competenza della corte penale internazionale. La sofferenza del popolo libico deve fermarsi. Nonostante le meravigliose parole ,di protezione della vita vita umana, garantismo  mantenimento ed ottenimento della Pace è importante capire attraverso quali importanti problematiche dovranno camminare i passi della giustizia internazionale e quali processi interpretativi per l’attivazione dei meccanismi di garanzia ”competenti sul territorio. Infatti per agire in tale direzione e poter offrire protezione sarà necessario un lavoro investigativo tale ,da capire chi partecipi “direttamente o indirettamente alle attività belliche". 

Ma cos’è la partecipazione diretta o indiretta alle ostilità?

Agli analisti tali parole saltano agli occhi non solo per l’adozione del Principio d’Umanitá da dover garantire alla popolazione coinvolta su territorio libico,bensí al difficile compito interpretativo dell’applicazione delle norme internazionali d’attribuire su un principio interpretativo “di fatti ed azioni”. Infatti, una delle problematiche principali è l’individuazione di “partecipazione diretta o attiva alle ostilità, ”ovvero, considerando che, ai sensi dell’art. 51.3 del I Protocollo aggiuntivo del diritto dei Conflitti Armati, i civili perdono la protezione loro accordata quando sono direttamente coinvolti nel conflitto e per l’intera durata di tale partecipazione. 

La partecipazione diretta alle ostilità è un problema fondamentale, in special modo quando si vuole assicurare protezione alla popolazione coinvolta in un conflitto come quello libico e quindi il lavoro discrezionale della Corte dovrá individuare, soprattutto chi si difende da chi agisce. Per capirci, in riferimento al “The Manual of the Law of Armed Conflict, UK Ministry of Defence, Oxford University Press, 2005) è esplicato chiaramente che i civili, per esempio, in azione di lancio razzi o di sabotaggio contro quelli che sono ritenuti obiettivi militari devono ritenersi sicuramente in partecipazione attiva e diretta alle ostilità.

Il vero problema è che su tale punto non vi è una posizione giuridica “universalmente” condivisa ed accettata  in quanto ci sarebbe da dover soddisfare due effettive esigenze opposte e cioè: da un lato, attraverso la restrizione del concetto di partecipazione diretta, si vuole proteggere la popolazione civile, tenendola fuori dai pericoli delle ostilità; dall’altro lato, attraverso un’interpretazione ampia ed estensiva del concetto di partecipazione diretta, si vorrebbe scoraggiare i civili dal prendere parte nel conflitto.

Su tale punto si è pronunciata la Corte Suprema di Israele con sentenza del 13 dicembre 2006, per la valutazione delle cosiddette “esecuzioni mirate” israeliane nei territori palestinesi. 

Secondo la Corte nei territori occupati è in atto un conflitto armato internazionale. Di conseguenza, in merito alla valutazione della partecipazione diretta alle ostilità, è applicabile l’art. 51.3 del I Protocollo Aggiungivo del Diritto dei Conflitti Armati, ritenuto dalla Corte stessa di “natura consuetudinaria". 

L’utilizzo di armi contro l’avversario, la raccolta di informazioni inerenti al conflitto, il trasporto di combattenti, armi o munizioni sul luogo delle operazioni, lo svolgimento di compiti di comando nella pianificazione o decisione degli attacchi, le attività di reclutamento di civili chiamati a partecipare agli attacchi, sono ritenuti dalla Corte Suprema d’Israele come concetto di “partecipazione diretta”

È contemplato dalla Corte inoltre che, tra i civili che perdono la protezione in quanto partecipano direttamente alle ostilità, anche coloro che si offrono ”in maniera volontaria come scudi umani” e coloro che si adoperano a mettere a punto sistemi d’arma da utilizzare all’interno del conflitto. 

Inoltre la Corte sembra voler allargare il concetto di partecipazione diretta anche ad azioni compiute fuori dall’area geografica del conflitto e a compiti diversi dal solo combattimento, non considerando il concetto di spazio e tempo con il luogo delle ostilità.

Inversamente, sono distinti come “partecipazione indiretta alle ostilità": la fornitura di prodotti alimentari o medicinali alla parte avversaria, la predisposizione di analisi strategiche, il sostegno generico di natura logistica o finanziaria, le attività di propaganda.

Molte discussioni interpretative sul l’applicazione della legge e sui processi investigativi della Corte vertono, ad esempio,sulla manutenzione dei sistemi d’arma la cui valutazione necessita di osservazione ed interpretazione mirata.

Di qui si capisce come arduo è il compito della Corte Internazionale in special modo tenendo conto dell’agenda della stessa alle Nazioni Unite, in riferimento all’Umanitá come attore principale nella lotta contro i crimini. 

Come dall’analisi sopra è ben comprensibile “la difficoltà“ di applicazione taluni meccanismi per garantire la vita e la salvaguardia della dignità umana che, non smetterò mai di ripetere, “è sacra ed inviolabile. 

“È necessario conoscere la guerra è la condotta all’interno delle ostilità affinché noi tutti possiamo sostenere la “Pace ,la Libertà e la Dignità Umana".