Ambiente, Giovanni De Feo: «Educo alla sostenibilità divertendo ed emozionando»
Un ingegnere atipico, professore universitario e convinto divulgatore dei principi di sostenibilità ambientale. Parliamo di Giovanni De Feo, docente di Ecologia Industriale presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Salerno e vincitore, lo scorso dicembre, del prestigioso premio “Luisa Minazzi - Ambientalista dell’Anno”. Un riconoscimento che gli è arrivato soprattutto grazie al suo progetto di educazione ambientale Greenopoli, da lui ideato e promosso. Apprezzato dagli adulti e adorato dai ragazzi, trasmette le sue conoscenze grazie a un metodo innovativo, che coniuga la divulgazione scientifica a un linguaggio narrativo in grado di coinvolgere grandi e piccini.
Partiamo dalla definizione che lei dà di se stesso: “Ingegnere sociologico libero pensatore socratico esperto di “munnezza”... che non esiste!”. Ci spiega cosa significa?
Partiamo dalla parte finale dell’intervista: “munnezza”. Ad oggi non ho ancora chiarito se il termine virgolettato sia da intendere come oggetto del mio interesse oppure come aggettivo qualificativo dell’esperto o presunto tale. Sono un ingegnere atipico, tant’è che uno dei miei riferimenti culturali più importanti è il grande Luciano De Crescenzo, l’ingegnere atipico per antonomasia! Mi definisco “sociologico” perché provo a risolvere i problemi che mi trovo ad affrontare con un approccio non solo tecnico-scientifico, ma anche sociologico partendo sempre dalle persone. Il tema dei rifiuti urbani, ad esempio, è innanzitutto di natura sociale e poi tecnica. Mi piace pensare liberamente alle cose e provo a muovermi da “battitore libero” per ricamare delle trame sul territorio, un po’ come fanno le anziane con l’uncinetto… con tanta pazienza. L’aggettivo socratico è per rimarcare il mio sapere di non sapere. All’inizio, infatti, scrivevo “nonsò-cratico” ma poi ho semplificato per essere più facilmente comprensibile.
Qualche anno fa, da una sua idea, è nato Greenopoli, un nuovo metodo di educare al rispetto per l’ambiente e all’importanza di differenziare e riciclare i rifiuti. Punto di forza del progetto è la sua capacità di sapersi adattare al tipo di pubblico che ha di fronte. Quanto è importante saper comunicare per riuscire a far arrivare meglio il messaggio che veicola?
Per me comunicare è uscire da sé stessi per riuscire ad emozionare le persone. Arrivare al cuore. Provo a farlo col sorriso e con la simpatia. E qui mi viene in soccorso la mia seconda musa ispiratrice: Massimo Troisi. Nella mia interpretazione, ho aggiunto l’inglese al meraviglioso “code mixing” del genio di San Giorgio a Cremano. L’uso mixato di italiano, dialetto campano e inglese produce delle combinazioni e produce delle sonorità che risultano assai simpatiche. Quando le persone sorridono col cuore, si emozionano, e in quel momento puoi comunicare con loro in maniera diretta, immediata.
Il suo pubblico preferito sono i ragazzi. Per loro organizza eventi e convegni nelle scuole. Qual è il segreto del suo successo con loro e quanto è importante educare le nuove generazioni?
Proprio tornando a scuola ho imparato a comunicare in modo nuovo, lasciandomi prendere per mano dagli allievi. Sono loro, ad esempio, che mi hanno invitato a comunicare con quello che poi è stato ribattezzato il “green rapping”, cioè i rap a contenuto ambientale ed educativo. Lo “Sciacqua sciacqua rap”, il primo che ho scritto, l’ho concepito nel tragitto da una scuola media di Pagani a casa. L’aneddoto che ne è seguito nel farlo ascoltare per la prima volta a mia moglie è poi divenuto una gag esilarante che racconto spesso negli incontri. Con i bambini è semplice: basta “mettersi all’altezza del loro cuore” espressione che mi ha donato, Giovanna Mauro, la maestra di italiano di mio figlio, il mio principale maestro e fonte d’ispirazione.
A dicembre è arrivato un prestigioso riconoscimento, la vittoria del “Premio Luisa Minazzi- Ambientalista dell’anno 2018”. Un traguardo o un punto da cui ripartire per sviluppare nuove idee?
Il Premio “Luisa Minazzi” è stato una grande gioia, del tutto inattesa, e che mi ha dato nuova forza per rilanciare il progetto educativo. È sicuramente un ennesimo “pianerottolo” sul quale mi sono fermato giusto un attimo a riflettere, ma sono già nuovamente ai gradini successivi. Gli incontri nelle scuole stanno continuando al ritmo di circa uno a settimana, ma aumentano anche gli incontri con gli studenti universitari, con i forum dei giovani e con altre associazioni giovanili. Greenopoli è un progetto intergenerazionale in cui tutti possono dare un contributo.
Parliamo di Irpinia: cosa si è fatto e cosa c’è ancora da fare per una corretta gestione dei rifiuti?
Partiamo dalle note positive. In molti comuni si fa una buona raccolta differenziata, sebbene ora occorra migliorare la qualità dei materiali separati in casa e poi conferiti al servizio di raccolta. La bella notizia è il 71% di raccolta differenziata fatto registrare ad Avellino città nel 2018. Mi sono pubblicamente congratulato con Irpiniambiente e con i cittadini di Avellino. Proprio Irpiniambiente ha avviato una bella iniziativa che è “A scuola di differenziata” con la quale si entra nelle scuole per spiegare in dettaglio le corrette modalità per quella che io chiamo separazione domestica dei materiali a fine vita. La nota dolente, tuttavia, è la mancanza di impianti per il trattamento dell’umido. La Campania nel 2017 ha spedito fuori regione circa 580 mila tonnellate di umido la cui destinazione principale è Padova. Tutto questo significa un inaccettabile aggravio delle spese per i cittadini. In condizioni normali il costo di trattamento dell’organico dovrebbe essere di circa 80 Euro la tonnellata, adesso si è arrivati in alcuni casi ad addirittura 280 Euro!
Infine, un consiglio ai lettori di Avlive per differenziare meglio e salvaguardare l’ambiente.
Fare la raccolta differenziata dell’umido è spesso fonte di molte lagnanze da parte dei cittadini. I problemi solitamente sollevati sono il cattivo odore, che fuoriuscirebbe dal bidoncino adibito alla raccolta, e il colaticcio che si formerebbe sul fondo della busta. Per una corretta gestione dei materiali umidi è indispensabile utilizzare un cestello traforato in abbinamento ad un sacchetto biodegradabile e compostabile in bioplastica o in carta. Per evitare la formazione di colaticcio e di cattivi odori, infatti, esistono in commercio comodi ed economicissimi contenitori (costano non più di due-tre euro) costituiti da un cestello traforato all’interno del quale adagiare il sacchetto traspirante. Questo sistema consente all’organico di respirare e all’acqua di evaporare non dando luogo alla formazione dei composti responsabili dei cattivi odori. L’acqua che evapora riduce il peso dell’umido di circa il 20%, tutto a vantaggio del nostro portafogli e dell’ambiente!